Trébbio: Antico insediamento
del territorio di Costacciaro
Tratto dalla ricerca eseguita dal Prof. Euro Puletti
Il toponimo Trébbio designa un’area collinare, che si estende, ad una altitudine media di circa 520 m s.l.m., fra boschi di quercia e valloncelli incassati, a Nord-Ovest di Costacciaro, oltre il torrente Chiascio Grande. Dal punto di vista dell’insediamento umano, la località Trébbio rappresentava, nel Medioevo, quasi un fortino, naturalmente difeso, dalla Fossa Amara a Sud, dalla Fossi Checchi, ad Sud-Ovest, dal Torrente Chiascio Grande a Nord-Ovest, Nord e Nord-Est.
Dominato dall’altura del Col Sant’Angelo (m 602 s.l.m.), la località Trébbio si articolava in alcuni vocaboli rurali: i cosiddetti “Trébbi”, di cui il più elevato in altitudine era quello di “Trebbio di sopra”, “Trebbio 3°”, o “Fregnìlla” (m 591 s.l.m).
I più antichi documenti archivistici, che alludono, alla località Trebbio e al suo territorio risalgono all’anno 1226 e 1307. Luogo di remoto insediamento umano, perché situato nei pressi del valico d’un importante asse viario.
Un atto giuridico notarile, relativo a fatti avvenuti nell’anno 1339, elenca i confini del castello e della curia di Costacciaro; ebbene, uno di tali termini iniziava da una oggi non meglio identificabile chiesa di Sant’Angelo della Torre che potrebbe essere identificata con l’ormai diruta chiesa di San Michele Arcangelo di Trébbio, mentre la citata torre potrebbe essere stata quella, databile all’anno Mille, che sorgeva, un tempo, lungo il Torrente Chiascio Grande, in località Palazzo Fantozzi, dimora, quest’ultima, che nacque, in origine, come casa di caccia di stile veneto.
Il toponimo Col Sant’Angelo (o, popolarmente, Toppo de la Patatìna), ci segnala la probabile antica presenza, sulla cima dell’altura così denominata, di un’antica chiesa dedicata all’Arcangelo S. Michele, i cui primi documenti in nostro possesso fanno risalire al secolo XIII. Il luogo di culto cessò di essere officiato, e fu definitivamente esaugurato, nel 1805, forse a causa dello stato d’abbandono in cui versava. Del sacro edificio, fino a forse un secolo fa, stando ad alcune testimonianze, si sarebbero conservati alcuni frammenti di bassorilievi, di tipologia altomedioevale, ricavati da pietra arenaria.
Bassorilievo d’arte romanica od altomedioevale, proveniente, con ogni probabilità, dall’antichissima chiesa di San Michele Arcangelo di Trébbio (secoli XI – XIII) rappresenta una figura umana a braccia levate, nell’atto di pregare o di stringere nelle mani un tralcio di vite.
A Trébbio esisteva anche la chiesa di Sant’Andrea, la cui prima testimonianza documentaria pare rimontare al secolo XV. La memoria di tale misterioso manufatto d’edilizia religiosa non ci è conservata più nemmeno dalla microtoponomastica locale, ma all’interno dell’antico edificio sacro, mi fu riferito esistere un piccolo altare, una “pietra scritta”, ed un’area cimiteriale, la più parte della quale corrispondeva al sotterraneo della stessa casa (si diceva, in particolare, della parte sottostante al pavimento), ma che s’estendeva lungo la finitima scarpata, ben oltre l’abitazione.
La casa contadina di Trebbio 3°, la più elevata in quota fra tutte quelle storicamente esistenti a Trebbio, sorgeva a 591 m s.l.m. Di essa esistono alcune foto, relative all’anno 1991, scattate da un bravo fotografo. A quella data, i muri erano ancora tutti in piedi, mentre il tetto era completamente crollato.
Un’altra località di Trébbio è detta San Filippo, o, dialettalmente, San Felippo, ma, quest’ultimo agiotoponimo, per altro meno antico dei precedenti, non pare riconnettersi ad alcuna costruzione sacra. Secondo la tradizione orale popolare, poi, presso la località Trébbio San Felippo (o Pompei) vennero inopinatamente alla luce dei manufatti in pietra calcarea ritenuti generalmente delle acquasantiere, ma, da altri, interpretate come delle are pagane.
Si ricordi che Trébbio sorse lungo un’antichissima via per Gubbio. Come è ben noto i crocevia, nel mondo pagano, erano considerati luoghi sacri. Se così fosse, Trébbio si rivelerebbe essere stata una località importante già in epoca umbra. Alcuni microtoponimi locali, potrebbero poi essere fatti risalire proprio a tale epoca preromana. Fra essi spicca La Spina, nome del casolare di Trébbio 1°, o Trébbio di sotto, che, nelle Tavole Eugubine indicava una colonna sacra ed appuntita all’apice, attorno alla quale si svolgevano cerimonie religiose. Le Tavole Eugubine ci attestano, inoltre, il culto per un dio misterioso denominato Trebu.
Nel 1886, tutti e tre i principali i vocaboli rurali della località Trebbio risultavano di proprietà della ragguardevole famiglia Chemi di Costacciaro: “Trebbio Primo Chemi”, “Trebbio Secondo Chemi” e “Trebbio Terzo Chemi”, restandone fuori soltanto quello di “Trebbio San Filippo”. Successivamente, il territorio di Trebbio passò di mano in mano, finché, ai primi decenni del Novecento, non ne venne in possesso la famiglia di proprietari terrieri dei Fantozzi, che lo sottopose a coltura, tramite i suoi contadini, fino ai primi anni Settanta del XX secolo. Oggi, a Trebbio, vivono anche dei veneti, come i giovani Fratelli Pinton, che, provenendo da una zona oltremodo inquinata, innamoratisi pazzamente di queste dolci ed ancora incontaminate colline, distese tra il nascente Fiume Chiascio e la nobile ed antichissima città di Gubbio, le hanno curate e valorizzate, rendendole, quasi, un piccolo Giardino di Eden. Tutti e tre “I Trebbi” risultano, pertanto, oggi, ancora abitati coltivati, amati e rispettati tanto e, forse, molto più che in un recente passato.
Il Cavaliere del Trebbio
Fino a circa il 1960, una stanza del casolare agricolo di Trebbio III° di Costacciaro mostrava la presenza di un altare di pietra, dietro al quale campeggiava, murata nella parete di fondo, una grande pietra arenaria di forma rettangolare, scolpita in bassorilievo, e con l’immagine, di sapore arcaico, d’un cavaliere. Qualche anno dopo, prima del definitivo abbandono dell’immobile rustico da parte dei contadini, ivi avvicendatasi nella sua abitazione (“Fregnìlla, “Avèlle”, ecc.), vennero i frati francescani di Costacciaro a rimuovere la pietra sacra dell’altare, mentre la casa fu abbattuta e della pietra, col suo rilievo scultoreo (dentro, o dietro, alla quale i contadini immaginavano la presenza di chissà quali tesori), non si seppe più alcunché. Fonti attendibili parlano, dunque, della presenza, fino a circa il 1960, all’interno dello stesso casolare di Trebbio III°, d’un grosso blocco di arenaria, sul quale, poco consunto, ma ancora ben leggibile, compariva il bassorilievo, all’apparenza molto antico, d’un cavaliere, curiosamente descritto come “fantino”.
Curiosità:
Particolare attenzione merita il termine “Trebbio”, perché “un toponimo non è un’etichetta ma una testimonianza”. Secondo alcuni storici dell’arte locale esso deriverebbe dal latino “trivium”: luogo dove fanno capo tre vie, o incrocio di strade, secondo altri invece deriverebbe da “Trebula”: fattoria contadina o casale posta in luogo sopraelevato. Nelle Tavole Eugubine, infatti, Trebu è il Dio della casa ed il verbo tratto da treb- rappresenta, secondo il Devoto, il muoversi in un tutto circoscritto, mentre il più complicato concetto dell’edificio viene espresso con un composto Trybarakkyf, bene attestato in esso, che significa “edificio”, cioè una casa ben definita nella sua costruzione. A Gubbio esisteva un’antica porta Trebulana dalla quale si usciva per andare in un Trebulum che sussiste probabilmente nelle odierne tre località dette Trebbio ad est di Gubbio. E’ il Trebbio di Colpalombo? (Fonte: Proloco Colpalombo)
La Chiesetta del Trebbio – Colpalombo – Gubbio
La chiesa si trova nella frazione di Colpalombo di Gubbio vicino al centro del paese, ed è rinomata per il prezioso affresco di Matteo da Gualdo (anno 1484) contenuto al suo interno raffigurante la Madonna in trono tra i santi San Sebastiano e Sant’Ubaldo. Dal 2012 la chiesetta ha subito un’attenta opera di restauro resa così visitabile.